La Mongolia. Una sola destinazione e molte mete da raggiungere. Perché un viaggio porta sempre con sé molti percorsi da compiere. Perché non si parte mai per arrivare ma sempre per cercare. Perché non si arriva per completare un cammino ma per sapere quale sarà la prossima tappa.
Uriano e Davide Meconi hanno intrapreso l'avventura che dall’Italia li ha portati fino in Mongolia, spinti da mille motivi: curiosità, solidarietà, e, non ultimo, voglia di far crescere ancora un rapporto tra padre e figlio senza i vincoli della quotidianità e dei mille impegni di ogni giorno.
Curiosità per un cammino fatto per secoli da tanti viaggiatori, un cammino leggendario ma anche reale all'interno di terre, culture, popoli e tradizioni che anche la nostra era così tecnologica, non permette di conoscere se non superficialmente, a meno che non ci si metta davvero in viaggio e in ascolto.
Solidarietà per un popolo, quello Mongolo, realizzata attraverso il dono dell'auto con cui è stata realizzata questa avventura, ai Missionari della Consolata ad Arvahieer. E poi la voglia di conoscersi e sperimentarsi che è propria di ogni viaggio ma che, in questo caso, ha permesso un ulteriore percorso di crescita tra un padre e un figlio. E così il 31 luglio 2010 Uriano e Davide con l'auto, una Ford Focus, donata da una ditta di Fabriano, l'Elica S.p.A., sono partiti alla volta del paese di Gengis Khan che hanno raggiunto dopo 21 giorni di viaggio, percorrendo oltre 15.000 km.
Un cammino che li ha portati, attraverso i paesi dell’ex blocco comunista, le zone torride del deserto kazako-uzbeko e le gelide foreste siberiane, ad Arvahieer dove hanno incontrato finalmente Padre Giorgio Marengo, responsabile dei missionari della consolata in Mongolia: un impresa compiuta nel segno del silenzio e della solitudine nel quale i rapporti personali dei due familiari si sono rinsaldati ancor più vigorosamente, temprati dalla fatica, dalle difficoltà ma anche dal grande fascino dell'avventura, degli spazi e dei silenzi delle lande sconfinate attraversate, tra l'altro, senza alcun appoggio o legame con qualche organizzazione specializzata.
Questa “solitudine” ha consentito di compiere un itinerario suggestivo, sviluppato in luoghi carichi di storia antica e recente, mantenendo ritmi adeguati al paesaggio che si attraversava, rivolgendogli attenzioni sia dal finestrino che con soste più o meno lunghe. Un modo di viaggiare che ha permesso di visitare luoghi incantati, che solo viaggiando in auto potevano essere scoperti, e, soprattutto, di incontrare tanta gente comune, con la quale la voglia reciproca di conoscenza è stata colmata, non raramente, solo con il linguaggio dei gesti. Cosi è capitato in Uzbekistan, a Chiva, Bukara e Samarcanda, dove i due emuli di Marco Polo hanno potuto assaporare il fluire della storia (visitando i resti della civiltà Timuride dell’Asia centrale musulmana) e le torride temperature del deserto Uzbeko. Pur stanchi, sono ripartiti rigenerati dalla bellezza dei luoghi e dall’ospitalità della gente Uzbeka, e attraversando la via della seta hanno ripreso il cammino in Kazakistan ormai convinti di aver lasciato la parte più dura del viaggio alle spalle.
Purtroppo gli ultimi km in terra Kazaka, hanno fatto loro cambiare idea. L’area intorno alla città di Semey, utilizzata un tempo per esperimenti nucleari, ha riservato loro strade indescrivibili e villaggi fantasma. La documentazione raccolta sulla zona consigliava di non sostare per più di 48 ore.
Sembrava di essere parte di un film.
Dopo il Kazakistan ecco la gelida Siberia: la strada inizialmente buona si trasforma in un binario di fango e pietre, la scarsità di hotel e posti di ristoro costringe a viaggiare di notte e dormire in posti di fortuna. Uriano e David oltrepassano Irkutck e il lago di Bajkal; la Mongolia è ormai vicina. Il 20 agosto la terra di Gengis Khan accoglie la gloriosa Ford Focus ed il suo equipaggio, atteso da Padre Giorgio Marengo e dalla piccola comunità cattolica della Mongolia. L'accoglienza è stata particolarmente calorosa sia da parte dei missionari della Consolata ma anche, e in modo del tutto inaspettato, dalla comunità locale. Tutti volevano parlare con Uriano e Davide, soprattutto i bambini, che mostravano ogni giorno la loro curiosità dopo che padre Giorgio Marengo, durante la Santa messa della domenica, aveva annunciato, in perfetta lingua mongola, la loro presenza, lo scopo della missione e la donazione dell’auto. Vedere i bambini felici per la loro auto, assiepati in tanti all’interno, ed altri, che prenotavano il loro turno correndo ai lati dell’auto come per proteggerla, è stata un'immagine che ha procurato forti emozioni, un’immagine che rimane negli occhi e nel cuore, e che ripaga dei tanti sacrifici fatti durante il viaggio.
Del resto ci si rende conto delle difficoltà e dei traguardi raggiunti dalla piccola comunità cattolica ad Arvaikeer e le difficoltà che la giovane chiesa incontra in terra di Mongolia. Sono veramente encomiabili i missionari della Consolata per il loro lavoro quotidiano a beneficio della comunità: due di loro, Suor Giovanna e Suor Lucia, con coinvolgente entusiasmo, raccontano e testimoniano i tanti gesti di solidarietà rivolti a costruire un futuro per i bambini mongoli. Dopo aver completato la pratica burocratica per la donazione dell’auto, arriva l'ora di ripartire: il saluto alla Comunità missionaria e alla sua tanta gente comune è commosso ma alla stazione di Ulaan Baatar, il treno per Pechino, da dove si riparte per l'Italia, non può attendere. A distanza di qualche mese si può dire con tranquillità che pochi posti al mondo sono in grado di restare dentro come la Mongolia. E’ un paese aspro ed affascinante, con paesaggi di straordinario impatto emotivo, e di potente bellezza, animato da un popolo umile e silenzioso. A chi volesse visitarlo si consiglia di mettere in valigia calma, silenzio, ma soprattutto rispetto.
Si, rispetto per le loro tradizioni millenarie, per la loro cultura, per il loro modo di vivere semplice e sereno. Chi è alla ricerca di una vacanza di svago e trambusto, si rivolga altrove, cambi destinazione. Certo non bastano queste poche frasi per rendere al meglio la sostanza di un viaggio fatto di panorami e gente stupenda ma anche di cibo improbabile, notti all'addiaccio e riparazioni improvvisate. E soprattutto non bastano per testimoniare il vero percorso compiuto dentro l'anima dei partecipanti in questi 21 giorni, un percorso reso possibile dalla tenacia, dallo spirito di avventura e anche dalla compagnia di un viaggiatore che partecipa contemporaneamente ad un percorso fatto di chilometri e ad un altro, ben più lungo ed importante, fatto di vita e di affetto. Uriano e Davide Meconi
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